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Comunicato Stampa
a cura di
Giuseppina Del Signore
“LE CUSTODI DELL’ ARTE” 7 Pittrici aborigene in mostra
L'Arte è davvero un patrimonio collettivo?
La ProgettArte3D prova a rispondere a questa domanda con un progetto di esposizioni fuori dagli schemi canonici, fuori dai circuiti autoreferenziali, un'esposizione che si rivolge a contesti, territori e luoghi per un bisogno relazionale con le persone, in un viaggio verso lo spettatore comune, per condividere sensi e immaginari di ognuno di noi, perché l'arte sia opera di tutti, perché sia un patrimonio collettivo!
Questa mostra, infatti, è parte di un progetto più ampio dal titolo: “Esposizioni fuori luogo” che l’associazione sta portando avanti con l’obiettivo di far arrivare a tutti l’arte contemporanea esponendola in luoghi di lavoro e di transito come uffici postali, amministrativi, banche, fabbriche, etc. Spesso si tratta di luoghi dove ci si reca di frequente e dove passiamo del tempo in attese più o meno lunghe. Perché allora non utilizzare questo tempo vuoto per guardare anche una mostra?
La mostra di arte aborigena “Le custodi dell’arte”, che si potrà visitare presso l’incubatore d’imprese ICULT di BIC Lazio dal 1 al 15 Giugno 2014, inaugura quello che speriamo sarà un lungo percorso di “esposizioni fuori luogo”.
Nel corso della serata potremo ascoltare musiche originali di tre strumentisti: Christian Muela al didgeridoo, Ivan Macera alle percussioni e Cristiano Carrano al sax che dialogheranno con le opere.
Saranno in mostra le opere di sette artiste aborigene australiane: Ningura Napurrula, Gloria Petyarre, Evelyn Pultara, Judy Watson Napangardi, Walangkura Napanangka, Yinarupa Nangala e Louise Numina. Originarie di diverse regioni centro-occidentali dell’Australia, la maggior parte di loro oggi è ultra settantenne e ci consegna un patrimonio storico-artistico importante per le future generazioni del mondo.
Per comprendere a pieno la mostra e la scelta di chiamare queste artiste “le custodi dell’ arte” è bene spendere qualche parola sull’arte aborigena ed in particolare sulla pittura.
E’ una espressione artistica che scaturisce dal bisogno di stringere una rete di relazioni fra ogni essere vivente ed ogni luogo; è un dialogo diretto con le origini del mondo, intese sia come nascita della civiltà sia come fase infantile della vita, come l’arte primitiva delle pitture rupestri o il candore dei primi disegni del bambino.
Dice molto bene Roberto Mottadelli nella sua introduzione alla pittura aborigena: “…la pittura aborigena mette in crisi la forma mentis occidentale …Per comprenderla, occorre accettare la sua diversità e avere l’umiltà di dimenticare le categorie mentali cui si è abituati ...Basti pensare al fatto che gran parte dei quadri non ha un alto e un basso, né è concepita per essere osservata frontalmente; evoluzione dei dipinti su sabbia, queste opere sono realizzate al suolo e andrebbero viste da ogni lato, posate a terra e camminando loro attorno… Ovviamente non solo le coordinate fisiche della fruizione, ma anche quelle mentali della comprensione richiedono un adattamento alle specificità delle opere aborigene. La pittura aborigena è insieme una pratica rituale e una forma di scrittura e di narrazione, inserita in una cultura che da 40.000 anni non distingue la storia dalle leggende, la medicina dalla magia, la topografia dalla geografia mitica, l’aspetto esterno dei corpi dall’anatomia degli organi interni. Quelle che per gli occidentali sono diverse forme del sapere, spesso tra loro in contrasto, per gli aborigeni costituiscono un’unica realtà armonica… In questa visione del mondo fluida e unitaria, espressa con la leggerezza di colori ipnotici e di forme tanto semplici da risultare archetipiche, risiede il fascino dell’arte aborigena; da qui si origina l’attrazione misteriosa che essa esercita sulla parte più antica della nostra anima”.
In assenza di tradizione scritta, l'antichissima cultura aborigena si trasmetteva attraverso segni grafici sulla corteccia degli alberi e con decorazioni sul corpo. Fino a pochi decenni fa, ci era del tutto sconosciuta, le cortecce di eucalipto dipinte erano considerate souvenir per turisti. Fu solo nel 1971 che Geoffrey Bardon, un maestro della scuola di Papunya, propose ai suoi alunni di decorare le pareti della scuola. Alcuni anziani aborigeni offrirono il loro aiuto e la comunità manifestò subito grande interesse per i murales, così tutti contribuirono realizzando sui muri quello che da sempre avevano disegnato a terra durante le cerimonie.
Dal muro alla tela il passo fu quasi naturale e così, attraverso questa produzione artistica, venne tramandato al mondo il patrimonio culturale di questo popolo. Questa indiscussa affermazione artistica rappresentò un contributo molto importante anche per il riconoscimento della civiltà aborigena come tale dando alla comunità quella dignità che le era stata sempre negata.
La pittura aborigena contemporanea non può, quindi, essere considerata solo un’espressione creativa locale, ma essenza di una civiltà quasi scomparsa che sopravvive in Australia ormai solo nelle zone più desertiche dove ancora la vita e i riti delle comunità sono in armonia con la natura.
L'atto stesso del dipingere per gli aborigeni è una forma di mediazione tra la Natura e la sua comprensione da parte dell’uomo e ogni opera nasce dal sogno che, in questa cultura, rappresenta l’unica condizione che avvicina l’uomo alla conoscenza. È un vero e proprio linguaggio simbolico, diverso da tribù a tribù, che racchiude tutta la storia di questo popolo. In queste tele, infatti, non c’è mai la rappresentazione della realtà ma solo della materia nebulosa (DotArt) di cui sono fatti i sogni e i colori sono sempre decisi e caldi, come il clima e i luoghi della terra australiana dove anche il deserto diventa colore e tavolozza per esprimersi.
a cura di
Giuseppina Del Signore
“LE CUSTODI DELL’ ARTE” 7 Pittrici aborigene in mostra
L'Arte è davvero un patrimonio collettivo?
La ProgettArte3D prova a rispondere a questa domanda con un progetto di esposizioni fuori dagli schemi canonici, fuori dai circuiti autoreferenziali, un'esposizione che si rivolge a contesti, territori e luoghi per un bisogno relazionale con le persone, in un viaggio verso lo spettatore comune, per condividere sensi e immaginari di ognuno di noi, perché l'arte sia opera di tutti, perché sia un patrimonio collettivo!
Questa mostra, infatti, è parte di un progetto più ampio dal titolo: “Esposizioni fuori luogo” che l’associazione sta portando avanti con l’obiettivo di far arrivare a tutti l’arte contemporanea esponendola in luoghi di lavoro e di transito come uffici postali, amministrativi, banche, fabbriche, etc. Spesso si tratta di luoghi dove ci si reca di frequente e dove passiamo del tempo in attese più o meno lunghe. Perché allora non utilizzare questo tempo vuoto per guardare anche una mostra?
La mostra di arte aborigena “Le custodi dell’arte”, che si potrà visitare presso l’incubatore d’imprese ICULT di BIC Lazio dal 1 al 15 Giugno 2014, inaugura quello che speriamo sarà un lungo percorso di “esposizioni fuori luogo”.
Nel corso della serata potremo ascoltare musiche originali di tre strumentisti: Christian Muela al didgeridoo, Ivan Macera alle percussioni e Cristiano Carrano al sax che dialogheranno con le opere.
Saranno in mostra le opere di sette artiste aborigene australiane: Ningura Napurrula, Gloria Petyarre, Evelyn Pultara, Judy Watson Napangardi, Walangkura Napanangka, Yinarupa Nangala e Louise Numina. Originarie di diverse regioni centro-occidentali dell’Australia, la maggior parte di loro oggi è ultra settantenne e ci consegna un patrimonio storico-artistico importante per le future generazioni del mondo.
Per comprendere a pieno la mostra e la scelta di chiamare queste artiste “le custodi dell’ arte” è bene spendere qualche parola sull’arte aborigena ed in particolare sulla pittura.
E’ una espressione artistica che scaturisce dal bisogno di stringere una rete di relazioni fra ogni essere vivente ed ogni luogo; è un dialogo diretto con le origini del mondo, intese sia come nascita della civiltà sia come fase infantile della vita, come l’arte primitiva delle pitture rupestri o il candore dei primi disegni del bambino.
Dice molto bene Roberto Mottadelli nella sua introduzione alla pittura aborigena: “…la pittura aborigena mette in crisi la forma mentis occidentale …Per comprenderla, occorre accettare la sua diversità e avere l’umiltà di dimenticare le categorie mentali cui si è abituati ...Basti pensare al fatto che gran parte dei quadri non ha un alto e un basso, né è concepita per essere osservata frontalmente; evoluzione dei dipinti su sabbia, queste opere sono realizzate al suolo e andrebbero viste da ogni lato, posate a terra e camminando loro attorno… Ovviamente non solo le coordinate fisiche della fruizione, ma anche quelle mentali della comprensione richiedono un adattamento alle specificità delle opere aborigene. La pittura aborigena è insieme una pratica rituale e una forma di scrittura e di narrazione, inserita in una cultura che da 40.000 anni non distingue la storia dalle leggende, la medicina dalla magia, la topografia dalla geografia mitica, l’aspetto esterno dei corpi dall’anatomia degli organi interni. Quelle che per gli occidentali sono diverse forme del sapere, spesso tra loro in contrasto, per gli aborigeni costituiscono un’unica realtà armonica… In questa visione del mondo fluida e unitaria, espressa con la leggerezza di colori ipnotici e di forme tanto semplici da risultare archetipiche, risiede il fascino dell’arte aborigena; da qui si origina l’attrazione misteriosa che essa esercita sulla parte più antica della nostra anima”.
In assenza di tradizione scritta, l'antichissima cultura aborigena si trasmetteva attraverso segni grafici sulla corteccia degli alberi e con decorazioni sul corpo. Fino a pochi decenni fa, ci era del tutto sconosciuta, le cortecce di eucalipto dipinte erano considerate souvenir per turisti. Fu solo nel 1971 che Geoffrey Bardon, un maestro della scuola di Papunya, propose ai suoi alunni di decorare le pareti della scuola. Alcuni anziani aborigeni offrirono il loro aiuto e la comunità manifestò subito grande interesse per i murales, così tutti contribuirono realizzando sui muri quello che da sempre avevano disegnato a terra durante le cerimonie.
Dal muro alla tela il passo fu quasi naturale e così, attraverso questa produzione artistica, venne tramandato al mondo il patrimonio culturale di questo popolo. Questa indiscussa affermazione artistica rappresentò un contributo molto importante anche per il riconoscimento della civiltà aborigena come tale dando alla comunità quella dignità che le era stata sempre negata.
La pittura aborigena contemporanea non può, quindi, essere considerata solo un’espressione creativa locale, ma essenza di una civiltà quasi scomparsa che sopravvive in Australia ormai solo nelle zone più desertiche dove ancora la vita e i riti delle comunità sono in armonia con la natura.
L'atto stesso del dipingere per gli aborigeni è una forma di mediazione tra la Natura e la sua comprensione da parte dell’uomo e ogni opera nasce dal sogno che, in questa cultura, rappresenta l’unica condizione che avvicina l’uomo alla conoscenza. È un vero e proprio linguaggio simbolico, diverso da tribù a tribù, che racchiude tutta la storia di questo popolo. In queste tele, infatti, non c’è mai la rappresentazione della realtà ma solo della materia nebulosa (DotArt) di cui sono fatti i sogni e i colori sono sempre decisi e caldi, come il clima e i luoghi della terra australiana dove anche il deserto diventa colore e tavolozza per esprimersi.
Da sottolineare, infine, come nella pittura aborigena sia sbagliato cercare similitudini con altre forme pittoriche che questo popolo non ha mai conosciuto, liberi da ogni influenza seguono i loro sogni e le loro visioni. Il fascino di queste opere è legato soprattutto al senso di libertà assoluta che l’assenza di un punto di vista obbligato determina, e così riescono ad affascinarci per quello che sono e non per quello che rappresentano.
La collezione delle opere in mostra è il risultato di una ricerca svolta nel rispetto dei principi espressi dal INDIGENOUS ART CODE che mirano a salvaguardare l’arte indigena australiana. Scheda informativa Mostra: LE CUSTODI DELL’ ARTE, 7 pittrici aborigene in mostra Luogo: Incubatore ICULT di BIC Lazio - via di Faul, 20/22 - Viterbo Inaugurazione: 31 Maggio 2014, ore 18.00 Durata Mostra: 1 - 15 Giugno 2014 Orari Mostra: dal lunedì al venerdì ore 9,00-13,00 / 15,00-18,00 Intervento musicale di: Christian Muela, Ivan Macera e Cristiano Carrano Informazioni: http://progettarte3d.weebly.com/ ; cell. +393358379357 Ingresso libero |
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